Il pensiero antico riteneva che la techne fosse appannaggio esclusivo dell’uomo, che solo l’uomo potesse trasformare la natura, fino a usarle violenza.
La techne implica dunque la possibilità della hybris, della dismisura, di un’oltranza oltraggiosa che sopprima indebitamente la distanza dagli dèi.
Il trasgressore del limite sarà atteso da un castigo, da un contrappasso che ripristini l’ordine infranto.
Per l’ultimo degli incontri di Gli Ozi di Ercole – arrivati alla seconda edizione, prodotti dal Parco Archeologico di Ercolano, da un’idea del direttore Francesco Sirano con Gennaro Carillo, direttore artistico – ovvero Il frutto del fuoco.
Prometeo, Dedalo e altri miti della tecnica (venerdì 2 dicembre, alle 20 nel Salone delle feste di Villa Campolieto) Laura Pepe e Elena Bucci a partire da una serie di testi che Bucci leggerà e Pepe chioserà e commenterà, cercheranno di capire come veniva intesa la tecnica nel mondo greco-antico: i filosofi la aberravano in quanto qualcosa di non naturale e che costringe l’uomo ad andare oltre i suoi confini, eppure la tecnica è condizione necessaria per il progresso.
«Questo però – sottolinea Pepe – comporta fortissime insidie: i timori del mondo antico si sono materializzati nel nostro.
La conoscenza dell’atomo, ad esempio.
L’apertura del nostro incontro sarà su un brano che sembra preconizzare l’intelligenza artificiale, con tutto ciò che comporta in primo luogo la gestione di questa intelligenza».
È un po’ il destino di Prometeo, punito per il furto del fuoco, per il dono della sapienza tecnica (entechnos sophia) ai mortali, e poi promosso a nume tutelare di quella libertas inquirendi che contraddistingue la scienza moderna: nel segno di una hybris “felice”, presupposto di ogni avanzamento del sapere, impensabile senza una volontà di sconfinamento che tuttavia può diventare letale.
«È estremamente interessante come Laura attraversa questi temi –aggiunge Pepe – riportandoli al presente.
Metterli in relazione con il passato crea quella corrente per cui l’attualità si rivela figlia di tutto un patrimonio classico che sovente viene catalogato e archiviato frettolosamente.
Nelle culture dove c’è una continuità o dovrebbe esserci, questo invece, la rilettura rispetto ai nostri tempi, è percepito in maniera molto forte, in una continuità che si rinnova.
Oggi purtroppo ci sono come delle bolle, delle fratture, dove si percepisce una spaccatura nella continuità della trasmissione.
E questo genera una forma di cecità, funzionale solo al mercato, ma non certo alla felicità, all’equilibrio.
Insieme alla techne, deve esserci anche l’ars politica senza la quale l’essere umano si trova sguarnito e incapace di coordinarsi con gli altri in un progetto che sia di vita e non di sopraffazione».