Nella mattinata odierna, militari della Guardia di Finanza di Torino, in stretta collaborazione con il Comando Provinciale Napoli, stanno dando esecuzione, nell’ambito dell’operazione “FERRAMIÙ”, ad un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di 15 persone, appartenenti ad una associazione per delinquere di matrice internazionale finalizzata al traffico illecito di rifiuti metallici, all’autoriciclaggio di proventi illeciti e all’emissione ed utilizzo di documenti attestanti operazioni inesistenti.
In corso di svolgimento, altresì, perquisizioni nei confronti di decine di soggetti e società, nonché il sequestro preventivo disposto su beni per oltre 130 milioni di euro, tra cui disponibilità finanziarie, immobili, veicoli e quote societarie riconducibili agli indagati.
Le indagini hanno consentito di individuare un sodalizio criminoso, a carattere transnazionale, che reperiva sul territorio nazionale rifiuti metallici acquistati “in nero”, predisponendo poi la “copertura” documentale e contabile volta a farli apparire come rottami lecitamente acquistati da imprese aventi sede all’estero, che ne attestavano falsamente la regolarità secondo i requisiti richiesti dalla normativa dell’Unione europea. Successivamente, tali rifiuti venivano consegnati a fonderie o altre società commerciali del settore per essere reimmessi nel circuito produttivo.
In armonia con la legislazione unionale, infatti, affinché i rottami metallici non siano qualificabili come “rifiuto”, il produttore deve redigere e trasmettere ad ogni cessione una “dichiarazione di conformità”, al fine di consentire, in ogni momento, l’individuazione dell’origine del rottame e, dunque, la tracciabilità dello stesso.
Laddove ci si trovi, come nel caso di specie, di fronte ad una cessione “in nero”, la provenienza dei rottami resta ignota, gli stessi non sono tracciabili e, dunque, devono – sempre e comunque – essere considerati “rifiuti” a causa del mancato rispetto delle richiamate disposizioni e, quindi, non sono commercializzabili come rottami metallici.
Per ovviare a ciò, gli indagati provvedevano a predisporre fittizie “dichiarazioni di conformità” aggirando, così, le disposizioni di legge e celando la reale origine del materiale. Inoltre, per poter giustificare contabilmente i pagamenti destinati, di fatto, all’acquisto dei rifiuti “in nero”, si adoperavano per ottenere false fatturazioni emesse da compiacenti società all’estero.
Le investigazioni, avviate nel 2018, hanno preso spunto dall’approfondimento di una segnalazione di operazione sospetta riguardante anomale movimentazioni finanziarie intercorse tra un’impresa avente sede nella Repubblica slovacca ed un’azienda operante nel torinese, con sede secondaria in Campania, per attività di commercio di materiale ferroso.
Complessivamente, alla luce di quanto ricostruito nel corso delle indagini, dal 2018 sarebbero state movimentate circa 18.000 tonnellate di rifiuti metallici.
I finanzieri hanno tracciato l’attività commerciale e finanziaria formalmente posta in essere dalle entità estere – avvalendosi della cooperazione internazionale fornita da 7 Paesi (Repubblica slovacca, Ungheria, Turchia, Egitto, Pakistan, Cina e Malaysia) – riscontrandone la fittizietà, in quanto tali società sono risultate prive di una sede operativa e di beni immobili.
Le odierne operazioni vedono complessivamente coinvolti circa un centinaio di militari appartenenti ad oltre 30 Reparti del Corpo.
L’operazione “FERRAMIU’’” conferma, tangibilmente, l’azione che la Guardia di Finanza svolge quotidianamente attraverso il monitoraggio dei flussi finanziari, che costituisce il metodo più efficace per individuare i capitali di origine illecita, prevenendo e contrastando le organizzazioni criminali che commettono gravissimi reati anche nel settore ambientale e realizzano forme di autoriciclaggio che “inquinano” il tessuto economico-produttivo, alterano la concorrenza del mercato e, non da ultimo, danneggiano gli imprenditori onesti e rispettosi delle regole.