Il rapper napoletano Lucariello dona i proventi del suo nuovo singolo “Che cos’è” all’Ospedale Cotugno di Napoli per l’emergenza coronavirus.
Lucariello: “È una sfida di tutti. E’ il momento di essere comunità, di uscire dalla periferie e di realizzarsi come essere umani, proprio come ci ricorda Lucariello”.
Un testo crudo. Versi densi con parole che sembrano nascere dall’asfalto delle periferie. Un canto d’amore a Napoli, nella sua bellezza, ma anche nei suoi chiaroscuri, tra infinite contraddizioni. Le immagini scorrono, come in un flusso di coscienza, nel nuovo singolo del rapper napoletano Lucariello (vero nome Luca Caiazzo n.d.r.) “Che cos’è”. Il senso del limite, il baratro, la rinascita, il potere salvifico della musica: “Che cos’è” racconta il percorso di vita del cantante nella città partenopea, dall’infanzia fino all’età adulta, è un percorso intimista che parla di sè e di tutte le esperienze difficili vissute nelle periferie di Napoli. Una città che, tra mille complessità e difficoltà, lo ha reso uomo, lo ha amato e gli ha donato tanto. Ed in virtù di questo amore per la sua città, Lucariello ha deciso di donare tutti i proventi della canzone all’ospedale Cotugno di Napoli, per poter dare una mano nell’affrontare l’emergenza Coronavirus.
“Quando ho scritto questo pezzo non c’era il COVID 19”, dichiara in un post su facebook il cantante, e ancora “i bambini sono la nostra speranza, i proventi di questo video saranno donati all’ospedale Cotugno”. “E’ una situazione difficile,ne usciremo”, sottolinea nel post.
La conclusione è la speranza e la consapevolezza che, se si è uniti e coesi, dalle difficoltà si esce. La stessa speranza e consapevolezza che Lucariello narra nella sua canzone. Un racconto nudo e realistico della sua infanzia e adolescenza vissuta nelle periferie della città. Una narrazione forte, a tratti cruda. “Queste strade mi hanno fatto uomo/ Mi hanno fatto nuovo nuovo” recita la canzone e ancora “piazza plebiscito/le prime canne sulle scale l’arte del destino”, sono strofe queste in cui si evince la difficile condizione del cantante e la vita ai limite di legge mai nascosta, però subito dopo il riscatto “ho scritto strofe su gomorra prima di Saviano in un buco a via San Sebastiano” “Dicevi che col rap napoletano/non andrai lontano/un nostro pezzo in 120 paesi lo vedi/ ti sembra strano?”. Questi pochi versi colgono il senso della canzone. E’ quasi una catarsi collettiva, una resurrezione. Tutti i ragazzi delle periferie possono ottenere il riscatto sociale, bisogna crederci ed essere uniti. Lucariello, infatti, non è un mito lontano, ma è un ragazzo di quelle periferie, come ricorda nel finale del testo “Io non sono nessuno/sono uno come te che gli brucia il culo. Anche lo sport, citato attraverso la figura di Maradona nella canzone, può e deve essere un viatico di riscatto e senso civico comune. Lucariello invita le nuove generazioni ad essere unite e le esorta a non prendere cattive strade ma, al contrario, ad adoperarsi in primis per intraprendere quell’evoluzione e quella trasformazione sociale possibile per tutti e a sviluppare senso civico di autoconsapevolezza. “Il successo facile non esiste” e solo se siamo una comunità e facciamo squadra superiamo le difficoltà. Ed in pieno spirito con la canzone è il gesto, del rapper napoletano, di donare i proventi del video clip all’ospedale Cotugno di Napoli. L’Italia in questi primi mesi è stata colpita da un nemico invisibile: il COVID 19, conosciuto come CORONAVIRUS. Per superare questo momento e sconfiggere questo avversario temibile è necessario fare ognuno la sua parte. È una sfida di tutti. E’ il momento di essere comunità, di uscire dalla periferie e di realizzarsi come essere umani, proprio come ci ricorda Lucariello.