Hash curing, un espressione sconosciuta per molti. Forse quasi per tutti.
E’ solo digitandola in un qualsiasi motore di ricerca che assume un significato chiaro.
Hash curing è, semplicemente, la cura dell’hashish.
Un insieme di tecniche per migliorarne le proprietà e ottenere un prodotto di qualità.
Sfogliando sul web, di manuali “do it yourself” ce ne sono davvero tanti. Tutti con avvertenze più o meno chiare sugli errori che potrebbero condurre ad uno “sballo ridotto” o a sapori meno strutturati.
Approfondire questo maniacale set di attenzioni dedicato all’hashish, è stato necessario per i carabinieri del Nucleo Investigativo di Torre Annunziata quando in un appartamento di San Giuseppe Vesuviano è finito in manette un 46enne già noto alle forze dell’ordine.
Nell’abitazione, riconvertita in un laboratorio per il confezionamento e lo smercio di stupefacenti, un bottino niente male: 9 chili di hashish, 4 di marijuana, 200 grammi di cocaina e 100 di crack.
Un carico imponente che sul mercato al dettaglio avrebbe fruttato oltre 100mila euro.
Ma non è stato solo lo stupefacente ad aver destato sorpresa e curiosità. Nell’elenco dei materiali sequestrati è spuntato anche un roner da cucina, dispositivo il cui uso è suggerito in tutti i forum culinari e in quelli degli appassionati di hash curing.
Si tratta sostanzialmente di un termostato che garantisce una cottura a temperature uniformi e costanti, anche sottovuoto. Nelle cucine professionali, aumenta qualità degli alimenti preservandone i sapori e odori.
Nel trattamento di hash curing, in soldoni, offre gli stessi risultati ma per usi meno nobili.
Il 46enne è stato arrestato per detenzione di droga a fini di spaccio ed è ora in carcere, in attesa di giudizio.
La moglie è stata denunciata per lo stesso reato.