È stata sequestrata dalla Guardia di Finanza un’azienda operante nel settore dell’allevamento di bufali e della produzione di latte crudo, ritenuta nella diretta disponibilità di Antonio e Carmine Zagaria, fratelli del boss Michele Zagaria, e da loro utilizzata per favorire gli interessi economici del clan dei Casalesi.
Secondo quanto emerso dalle indagini, l’azienda oggetto di sequestro sarebbe stata impiegata dai fratelli Zagaria quale “schermo” per consentire alla loro famiglia di “reimpossessarsi”, in maniera occulta e fraudolenta, dell’azienda bufalina di proprietà della madre Raffaela Fontana, da tempo affidata alla gestione di un amministratore giudiziario in quanto già colpita da diverse misure giudiziarie.
L’azienda sottoposta a sequestro, composta da diversi immobili e manufatti attrezzature agricole e per la mungitura nonché circa 350 capi di bestiame, ha un valore stimato intorno ai 2 milioni di euro.
In particolare, dopo aver sostanzialmente esautorato dalle proprie funzioni l’amministratore giudiziario della ditta “FONTANA RAFFAELA”, a partire dal 2006 i fratelli Carmine e Antonio hanno, di fatto, operato una vera e propria co-gestione tra le citate aziende e quella intestata alla madre attraverso: la coincidenza della sede legale e operativa e il conseguente utilizzo promiscuo di gran parte dei locali, degli impianti e degli animali già presenti all’interno dell’azienda sottoposta ad amministrazione giudiziaria.
La commistione, anche sotto il profilo contabile, dei rapporti commerciali con l’unico fornitore (una società operante nel settore dei mangimi) e l’unico cliente (una società di produzione casearia) che risultavano comuni alle aziende contemporaneamente presenti nello stesso luogo di esercizio dell’attività; l’ampio ricorso all’interno di tali rapporti ad operazioni di sovra e sotto fatturazione in acquisto e/o in vendita, così da consentire la creazione di liquidità occulta che veniva sistematicamente sottratta dalle casse aziendali per essere messa a disposizione della famiglia Zagaria.
Il piano predisposto dal boss, quindi, ha consentito di neutralizzare per anni gli effetti delle misure cautelari reali e ablative gravanti sulla ditta Fontana Raffaela per poi, addirittura, rientrare nella piena disponibilità della quasi totalità dei beni aziendali confiscati alla ditta stessa, mediante un acquisto all’asta a prezzo stracciato (solo 100.000 euro) per subentrare nell’attività.