villa comunale castellammare

Picchiato selvaggiamente dal branco nella villa comunale di Castellammare di Stabia: l’episodio è avvenuto domenica sera, quando lo straniero – ricostruisce il quotidiano Metropolis – è stato “accerchiato da una decina di giovani che lo hanno colpito con calci, pugni, schiaffi, rischiando di ammazzarlo”.

Il pestaggio è andato in scena alla Cassa Armonica, un monumento transennato al centro del lungomare di Castellammare, sotto gli occhi di centinaia di persone che hanno assistito “senza intervenire o al massimo registrando tutto con il cellulare”.

Tra i video che circolano nelle chat, scrive Metropolis, “anche uno di un giovanissimo stabiese, che commenta assieme ai suoi amici: ‘Hai visto che calcio gli ha dato?’. E un altro risponde: ‘Lo hanno sfondato'”.

Lo straniero, che sembra si aggirasse ubriaco nella villa comunale, sarebbe stato aggredito dopo un litigio con alcuni ragazzi.

Pestato dal branco: il vescovo, violenza indegna e inumana.

“È brutta la violenza, inaccettabile, indegna di essere umani. Fa ancora più dolore l’indifferenza dei passanti, il sarcasmo offensivo e brutale di chi sta a guardare soddisfatto la scena come se stesse al cinema, l’anonimato di una città che continua a far brillare le luci notturne senza fermarsi e arrossire dinanzi a episodi così gravi di inciviltà”.

Lo scrive il vescovo della diocesi di Sorrento-Castellammare di Stabia, Francesco Alfano, in una lettera aperta rivolta al giovane bengalese pestato dal branco, al quale il vescovo chiede “scusa per quello che ti è accaduto”.

“Carissimo fratello bengalese – aggiunge mons. Alfano – spero di abbracciarti presto per farti sentire il calore e l’affetto di tanti che come e più di me sono pronti a volerti bene e, qualcuno con le lacrime agli occhi, anche a chiederti perdono”.

“Tante volte, passando per il centro antico della nostra bella e drammatica città, vedo altre persone come te”, scrive il vescovo.

“Spesso mi chiedo come vivete, dove avete trovato alloggio, se avete amici con i quali trascorrere il tempo libero o confidare qualche pena del cuore.

Quando però ho avuto la possibilità di parlare con qualche persona della tua terra ho scoperto la ricchezza e la profondità di chi è stato costretto a lasciare la sua gente per cercare lavoro in luoghi lontani.

Sì, è proprio vero: crediamo di essere così ‘lontani’ che a volte non riusciamo a riconoscere la ricchezza nascosta nella nostra diversità.

Lo so che tra di noi ci sono numerosi uomini e donne che ti riconoscono come uno di noi, come un ‘fratello’.

E per questo ti auguro di incontrarne presto qualcuno con cui fare un tratto di strada insieme e non sentirti più solo, additato, estraneo”.

(FONTE ANSA)

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