Castellammare di Stabia, via Schito. Da lontano si vedono delle nubi nere e si sente una puzza che sa di morte.
I carabinieri effettuano un blitz in un’azienda che si occupa della gestione dei rifiuti,
Nel capannone di 200 metri quadrati soppalcato il proprietario dell’azienda e 2 operai.
I tre stanno tagliando con un flex alcuni motori, degli alternatori e varie parti meccaniche.
Con un cannello a gas gli operai stanno bruciando della parti in plastica, rendendo l’aria irrespirabile.
Nessuno indossa mascherine o protezioni adeguate. L’obbiettivo è recuperare il rame contenuto all’interno di quei pezzi.
Nel frattempo, dal cassone di un tir parcheggiato nel piazzale, fumi nauseabondi con fiamme che vengono immediatamente spente dai militari.
Mentre i carabinieri attendono le previste autorizzazioni che mai arriveranno ci si guarda intorno e si parla con i 2 operai.
Nel capannone ci sono banchi da lavoro con flex, bombole di gas con cannello, pneumatici fuori uso, rifiuti speciali pericolosi e non. Plastiche, metalli, olii esausti, alternatori elettrici, parti di motori di frigoriferi e altri elettrodomestici.
Ci sono anche rame e pezzi di auto per una quantità stimabile di rifiuti in circa 20 metri cubi.
Nel piazzale esterno altri 80 metri cubi di rifiuti e 7 grossi sacchi di plastica neri con all’interno altri rifiuti pericolosi.
Accertato l’inquinamento ambientale è la volta degli operai:
I due uomini – un 40enne e un 54enne con famiglie – sono in nero, senza alcun dispositivo di protezione e senza corsi di formazione e visita medica periodica.
Sono esposti a rischio elettrico, con luoghi di lavoro non conformi e attrezzature prive di conformità d’uso.
Lavorano dal lunedì al sabato e ricevono un compenso che oscilla tra i 150 e i 200 euro a settimana. Probabilmente possono immaginare i rischi che corrono per la loro salute ma non ci sono alternative, “bisogna lavorare per portare il piatto a casa”.
L’azienda:
Il 32enne titolare gestisce un’attività di recupero rifiuti, con smaltimento di rifiuti speciali pericolosi e non in assenza di qualsiasi autorizzazione amministrativa ed ambientale.
L’attività è svolta in assenza di un idoneo sistema di scarico, dell’immissione in fogna, del filtraggio per l’emissione in atmosfera e di sistemi di protezione dei rifiuti dagli agenti atmosferici.
Inoltre, il datore di lavoro, non ha effettuato alcuna valutazione circa il rischio sulla salute e la sicurezza sui luoghi di lavoro.
L’imprenditore viene arrestato. Dovrà rispondere di impiego di manodopera in nero in condizione di bisogno e realizzazione di discarica abusiva.
Per il 32enne anche sanzioni che arrivano a quasi 75mila euro.
L’intero immobile è stato sequestrato.