Nell’ambito di indagine coordinata della Procura della Repubblica di Napoli, i Carabinieri del Nucleo Investigativo del Gruppo di Castello di Cisterna hanno dato esecuzione a un’Ordinanza di Custodia Cautelare, emessa dal Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Napoli, a carico di 8 soggetti (destinatari 6 della misura in carcere e 2 di quella agli arresti domiciliari) ritenuti gravemente indiziati, a vario titolo, dei reati di associazione per delinquere finalizzata all’accesso indebito a dispositivi idonei alla comunicazione da parte di soggetti detenuti, traffico e detenzione illeciti di sostanze stupefacenti e corruzione.
L’attività investigativa, svolta dal giugno 2021 al gennaio 2022, ha consentito di delineare l’esistenza di un’associazione per delinquere, radicata nel capoluogo partenopeo, finalizzata alla commissione di una serie indeterminata di delitti e specificamente, l’introduzione illegale di telefoni cellulari e sostanze stupefacenti all’interno della Casa Circondariale di Napoli – Poggioreale.
Tra i partecipanti al sodalizio, oltre ad alcuni detenuti dell’istituto penitenziario, figura anche IOIA Pietro, Garante dei diritti delle persone private o limitate nella libertà personale del Comune di Napoli, tuttora in carica, il quale, avvalendosi del suo ruolo, che gli consentiva libero accesso all’interno delle carceri, vi introduceva, previo compenso, dispositivi di telefonia mobile e sostanza stupefacente.
In particolare, il funzionamento dell’organizzazione criminale prevedeva che la compagna di uno dei promotori, per il tramite del Garante, facesse recapitare ai detenuti, partecipi dell’associazione, apparati di telefonia mobile e sostanza stupefacente di vario genere che, di conseguenza, venivano venduti alle altre persone recluse, creando un vero e proprio commercio illegale.
IOIA, dal canto suo, approfittava dei colloqui mirati a verificare le condizioni in cui versavano i detenuti, per effettuare le consegne che gli erano state richieste.
Il denaro veniva poi versato su alcune carte ricaricabili in uso a una donna e poi diviso con gli altri sodali dell’organizzazione.
Le indagini hanno evidenziato l’esistenza di un dilagante fenomeno di spaccio di sostanze stupefacenti (hashish e cocaina), del valore economico di diverse migliaia di euro, all’interno dell’istituto penitenziario.