50 anni fa, il primo dicembre del 1970, l’Italia approvò la legge sul divorzio. Lo scioglimento del matrimonio non era, infatti, contemplato nel codice civile fascista del 1942. Ci vollero quasi 30 anni per separarsi da questa scelta, dettata dall’influenza della Chiesa. I divorzi nel primo anno di applicazione della legge, furono 17.134, raddoppiarono l’anno dopo ,31.717, per poi diminuire gradualmente negli anni successivi.
Secondo l’Istat, tra il 1991 e il 2018 si è assistito a un vero e proprio boom dei divorzi in Italia. Basti pensare che nel 1991 i divorziati erano quasi 400 mila ma, nel giro di un quarto di secolo, sono lievitati superando quota 1,6 milioni. L’introduzione di ulteriori facilitazioni alle separazioni nel 2014 ha comportato una crescita che ha riguardato per lo più i divorzi e soprattutto quelli consensuali. Tra il 2014 e il 2015 i divorzi sono passati da circa 50 mila l’anno a oltre 80 mila, per poi raggiungere i 99 mila nell’anno seguente.
Dati molto ridotti, però, se rapportati al resto d’Europa. Secondo Eurostat, in Italia si divorzia poco. Dagli ultimi dati ogni mille abitanti, in Italia divorzia un cittadino e mezzo ogni mille: decisamente meno del valore medio Ue di 1,9.
Ma se siamo tra i Paesi con meno divorzi per abitante, siamo tra i primi cinque nella Ue per divorzi per numero di matrimoni, ben 47,9. In pratica un matrimonio su 2, in Italia, non rispetta il “finché morte non vi separi”.